Ho intervistato Andrea durante una di quelle giornate di tempo orribile che noi italiani in Olanda odiamo particolarmente.
Per fortuna eravamo al chiuso, al sicuro nel Markthal, il rivoluzionario e audace mercato coperto, ultimo gioiello architettonico di Rotterdam…
… ma forse dovrei fare un passo indietro!
Allora. Andrea è un giovane architetto genovese, che non esagero nel definire uno con i co…siddetti quadrati :-)
Reduce da esperienze lavorative presso alcuni degli uffici più influenti sulla scena della ricerca architettonica (tra questi OMA e LAVA), Andrea lavora attualmente per MVRDV, studio che non ha bisogno di presentazioni. Di recente, assieme ad un gruppo di altri giovani architetti, ha ottenuto il primo premio nel concorso di idee Europan 13 (Trondheim) col progetto The False Mirror, e ha fondato il collettivo False Mirror Office.
Andrea è inoltre membro fondatore dell’associazione culturale Burrasca, un think-tank di architetti votato alla ricerca e alla riflessione sull’architettura contemporanea, autore dell’omonimo magazine pubblicato con cadenza semestrale.
Sarebbe stato folle non invitare Andrea per una chiacchierata sul suo incredibile portfolio, non trovi?
Allora mettiti comodo e leggi come è andata quest’intervista all’ombra del Markthal!
Federico: Eccoci, Andrea! Sono particolarmente contento di essere qui con te oggi, e non solo per la tua incredibile storia ed esperienza, ma in particolare perché ci tenevo tantissimo ad ospitare, finalmente, un giovane e talentuoso architetto italiano in questa rubrica.
Proprio per questo motivo vorrei aprire con un paio di domande, alle quali, sia la community del blog che io, moriamo dalla voglia di avere una risposta.
Ho sempre avuto l’impressione che nelle scuole di architettura italiane non venisse mai dato il giusto rilievo all’importanza di costruire un buon portfolio, creando un gap enorme tra accademia e mondo del lavoro. Nella tua esperienza personale, come hai affrontato questo gap e, in genere, come era affrontato nel tuo ambiente accademico?
Andrea: Come dici tu, in Italia probabilmente la cultura del portfolio è messa in secondo piano. Se tutti normalmente si concentrano soltanto sui progetti sviluppati nei laboratori di progettazione, io ho cercato fin dall’inizio di impegnarmi in altre attività, come workshop e laboratori esterni. Per partecipare a ciascuna di queste attività dovevo, in sostanza, presentare un portfolio, ed è stato un mio interesse personale cercare di comprendere come svilupparlo in modo che potesse essere sempre più interessante e funzionale all’attività successiva a cui avevo intenzione di partecipare.
Ad esempio, il primo workshop a cui partecipai fu il Villard 11, un laboratorio itinerante di architettura a cui partecipano diverse facoltà italiane e la facoltà di Architettura Paris – Malaquais. Inserire il progetto sviluppato in questo workshop nel mio portfolio facilitò l’accesso allo step successivo: scelsi di andare in Erasmus in Francia, a Versailles, e all’interno della facoltà inviai la mia candidatura, sempre attraverso un portfolio, per un periodo di progettazione a Rio de Janeiro.
Da quel momento in poi, inserire i prodotti di queste attività nel mio portfolio mi ha permesso di costruire un portfolio sempre mirato alla seguente esperienza che avrei avuto voglia di fare.
Quindi, in un certo senso, hai sempre creato un portfolio su misura, pensato per l’accesso ad un determinato tipo di esperienza. Nella pratica, invece, come hai affrontato la costruzione del tuo primo portfolio? A quali risorse hai fatto riferimento?
Beh, sicuramente guardando sul web, e un po’ meno guardandomi attorno in facoltà. Al tempo non c’erano risorse in italiano sull’argomento, e penso che possano essere uno strumento molto importante per gli studenti. Certo, c’era del materiale in inglese, blog che parlavano di portfolio, oppure portfolii di altri architetti e studenti. Il problema è che al tempo le risorse erano più disperse, ed era tutto molto più complesso.
Diciamo che da ogni risorsa raccoglievo informazioni che riguardassero il tipo di rappresentazione da sviluppare, o piuttosto informazioni per capire che tipo di contenuti potessero rappresenare e spiegare meglio il progetto… ma non ho mai avuto a disposizione un blog o una risorsa specifica che mi spiegasse come costruire il portfolio.
Direi però che il tuo approccio al portfolio ha avuto un grande successo: tanti workshop, lo stage da OMA e poi un lavoro da architetto da MVRDV! Ma c’è un momento in particolare nel tuo percorso formativo in cui la tua visione sul portfolio e su come presentarti ha fatto il salto di qualità?
Penso che sia stato a Parigi, osservando che tipo di esperienza avevano studenti non italiani, e perciò con un background differente dal mio. Mi sono reso conto di quelle che potevano essere le differenze nel tipo di formazione e anche nel tipo di portfolio. Ho capito lì che è importante costruire un portfolio tecnicamente interessante ma, come dicevo prima, attraverso le esperienze personali, capendo in quale direzione o per quale tipo di studio si vorrà lavorare. Ad esempio, al tempo mi interessai ad OMA e cercai di costruirmi un tipo di esperienza e un tipo di portfolio per migliorare le mie possibilità di entrarvi.
Chiaro, e lo trovo un ragionamento molto intelligente: di solito durante gli studi e i laboratori universitari si è costretti a lavorare su determinati temi progettuali, mentre certi uffici sono interessati a candidati che abbiano esperienza su tipologie di progetto differenti. Ad esempio, per quanto riguarda OMA posso immaginare che il focus sia sui grandi edifici pubblici e culturali.
Questo discorso si ricollega in qualche modo a uno degli errori compiuti più di frequente da chi è alle prese col proprio portfolio per la prima volta: quello di non creare un portfolio ad hoc per un obiettivo.
Credo che l’inverso funzioni molto bene, ossia capire che strada si vuole percorrere e costruirsi le esperienze per farlo. Nel caso di OMA non parliamo solo di tipologia, ma anche del tipo di rappresentazione o del tipo di riflessioni che si fanno sul progetto, lo sguardo critico al progetto e le rappresentazioni per supportarlo, questo sguardo critico.
Sempre a proposito di rappresentazione architettonica, in una delle interviste precedenti ho ospitato Irgen, con il quale ho discusso di coerenza e narrativa del progetto. Nel suo portfolio, Irgen illustra i suoi lavori attraverso media molto diversi tra loro, che in qualche modo creano una narrativa coerente ed accattivante.
Ma costruire una narrativa coerente è forse la parte più difficile della realizzazione di un portfolio. Tu come hai affrontato questo problema?
Alla luce dei progetti che si sono realizzati, una volta che si ha una certa esperienza, il portfolio viene costruito anche attraverso una selezione dei contenuti. E perciò, per quanto io pensi che la diversità sia una qualità fondamentale di un portfolio, è anche vero che ad un certo punto si deve cercare di selezionare i contenuti volta per volta per costruire una coerenza nel discorso, in base a ciò che si vuole comunicare allo studio o al workshop in questione. La ricerca è sempre personale, ma non è detto che comprenda materiale che realmente interessi al destinatario del portfolio.
Parliamo di un’altra bestia nera per chi deve realizzare un portfolio: il layout! Commettere l’errore di creare un layout troppo affollato o non organizzato è molto semplice. Ricordo come se fosse ieri tutto il tempo speso ad impaginare i miei primi book e la quantità assurda di elementi grafici che vi inserivo. Ma soprattutto, ricordo le parole del mio professore di progettazione: “La cosa su cui ti sei sforzato di più è quella che ti è venuta peggio: l’impaginazione!”
Al contrario, il tuo layout è molto essenziale: ci sono pagine molto spaziose, alcune in cui mostri soltanto un elaborato. Anche la pagina di presentazione dei tuoi progetti è molto essenziale, e comprende giusto un pattern e un testo descrittivo. Quanto hai dovuto faticare prima di arrivare ad una consapevolezza ed ottenere questo tipo di estetica?
Credo di esserci arrivato dopo una decina di portfolii diversi tra loro, inclusi piccoli portfolii per piccole attività. Diciamo che sono arrivato a pensare che il portfolio debba riflettere i contenuti in maniera elegante, e perciò un layout molto semplice serve per dare spazio a dei contenuti selezionati che vogliono trasmettere un messaggio. Non è la quantità che darà il messaggio che vorrai, ma solo una selezione precisa e accurata.
La piccola personalizzazione dei pattern è quel tocco personale che penso serva a far capire chi sei, e penso sia comunque un aspetto importante. In sostanza non credo sia necessario mentire col portfolio ma rappresentare sé stessi, sempre in maniera molto sobria ed elegante.
Beh, la personalizzazione può avvenire in tanti modi diversi: magari tramite la scelta di un font dalla personalità forte, o un pittogramma che riassuma e simboleggi ciascuno dei progetti. L’importante è non esagerare mai con questi elementi.
Assolutamente. Devono solo far capire in che modo ragioni, che tipo di persona sei. Se metti un affresco sarai un pittore o probabilmente avrai uno spirito artistico. A me non viene da mettere un affresco perché ho un altro modo di ragionare sul portfolio e sul progetto.
E poi volevo chiederti anche del tuo sito web, andreaanselmo.com, essendo quello della presenza online un aspetto che mi interessa parecchio. Personalmente, ho rimandato molte volte la creazione di un sito web, ma inizio anche io a sentirne il bisogno in modo sempre più forte. Quand’è che hai sentito l’esigenza di crearti uno spazio sul web, e da cosa è nata?
Secondo me la creazione di un sito web personale è un passo successivo alla creazione di un portfolio, ed è uno step che va intrapreso dopo diversi anni di esperienza nella comunicazione dei propri progetti. Perciò è solo ultimamente, con la ricerca di un lavoro vero e proprio, che ne ho sentito il bisogno, e soltanto quando mi sono sentito abbastanza maturo da fare una selezione in qualche modo definitiva dei progetti che volevo mostrare al pubblico.
La differenza tra un portfolio online e uno cartaceo è che nel primo non puoi fare una selezione dei progetti volta per volta, ma scegli una configurazione, una selezione di materiale in qualche modo definitiva che potrà variare negli anni, ma non di candidatura in candidatura.
Insomma, non stai solo costruendo un portfolio, ma piuttosto una tua immagine a scala più larga.
Ovviamente, nel tuo sito personale hai inserito anche The False Mirror, il progetto vincitore dell’Europan 13 Trondheim, sul quale hai lavorato assieme ad altri cinque ragazzi del Politecnico di Genova (con i quali hai co-fondato il collettivo False Mirror Office). Ricordo che il vostro materiale mi colpii immediatamente, soprattutto per lo stile di rappresentazione ispirato al flat design e alla grafica vettoriale.
Da cosa è nata l’idea di rappresentare il vostro progetto in questo modo, piuttosto che ricorrere ad un tipo di visualizzazione “classico”?
Come dicevo prima, oltre alla selezione dei progetti e delle modalità di rappresentazione ad uso delle candidature, porto avanti una serie di progetti e di strumenti sviluppati sia individualmente che con i miei compagni, come progetto personale. Se da un lato non tutti gli studi di architettura sono interessati a questo tipo di rappresentazione, e ultimamente optano sempre di più per rendering fotorealistici, noi pensiamo che la rappresentazione del progetto debba essere prima di tutto concettuale e rappresentare le idee dietro al progetto, piuttosto che il progetto costruito. Pensiamo inoltre che la rappresentazione abbia una sua autonomia: lavorando su The False Mirror, ad esempio, abbiamo sviluppato un progetto di rappresentazione che in qualche modo è autonomo al progetto stesso.
E infine, la domanda di rito! Pensando al tuo portfolio attuale, quale elemento manterresti nelle prossime versioni, e cosa invece vorresti cambiare al più presto?
Manterrei il layout attuale, ma eliminerei alcuni progetti in cui il tipo di rappresentazione è troppo commerciale, come quelli con grandi rendering. Penso che dopo un po’ di tempo ci si possa permettere di presentare del materiale più personale e che ti rispecchi meglio come progettista, proprio perché alle spalle hai un curriculum a dimostrare l’esperienza che possiedi.
In effetti è così. Paradossalmente, ed è un po’ quello che ho notato nei grandi uffici, ad un tirocinante viene chiesto di essere già in grado di affrontare molti aspetti di un progetto: uno stagista deve saper produrre render, diagrammi, disegnare in CAD e BIM e progettare piccole parti di un edificio. Quindi, e sembrerebbe un controsenso, il portfolio di uno stagista dev’essere più vario e completo del portfolio di un architetto affermato. Al contrario, un architetto che ha già un curriculum alle spalle, ha la possibilità di mostrare aspetti più specifici e personali di un progetto nel proprio portfolio.
Si capisce già che quella che stai rappresentando è, in sostanza, una lettura di una produzione più vasta, che include tutti i progetti che hai fatto nella vita e i tipi di rappresentazione che sicuramente sai gestire. Quella selezione lì sarà semplicemente una selezione personale. Insomma, ti puoi permettere di farlo.
Per chiudere…
Mille grazie ad Andrea, soprattutto per aver trovato il tempo per incontrarmi in mezzo a certe deadline che guarda, non stiamo manco a dirti ;-)
Sei alle prese col tuo portfolio? Continua a leggere!
Visto che ti trovi qui, immagino che anche tu sia alle prese col tuo portfolio: magari lo stai costruendo da zero, o più semplicemente, lo stai aggiornando in vista di una nuova avventura professionale! Ma per quanto l’articolo che hai letto possa esserti stato d’aiuto (almeno spero!), sono sicuro che hai ancora mille dubbi che ti tormentano.
Sappiamo fin troppo bene che il web non offre risorse valide sull’argomento, e che le università non spendono mezza parola su come costruire un buon portfolio di architettura.
Cosa vogliono vedere gli studi di architettura in un portfolio? Quali sono le caratteristiche di un portfolio che funziona, e come organizzarlo in modo da ottenere contatti, offerte di lavoro e proposte di stage?
Se anche tu stai riflettendo su questi interrogativi nella costruzione del tuo portfolio, il nostro workshop Obiettivo Portfolio potrebbe essere la risorsa che stai cercando.
Obiettivo Portfolio è un workshop online dettagliato, pensato per offrirti una guida nella creazione di un portfolio d’architettura efficace. Con oltre 10 ore di contenuto, mira a fornire intuizioni, strategie e suggerimenti basati sull’esperienza che io e Luca abbiamo accumulato nel campo.
Ovviamente se hai dubbi o domande, o vuoi semplicemente dire la tua sui temi dell’intervista non esitare a scrivermi nei commenti qui sotto!
Alla prossima,
Federico.