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Due sono gli elementi essenziali alla base di un buon portfolio:
Il confronto coi propri colleghi e la ricerca di idee ed ispirazione. Dimmi un po’, per caso queste due attività ti sembrano familiari?
Ovvio che sì! Sono le stesse azioni che compi quando sei alle prese con un progetto.
E così, come per il tuo ultimo progetto hai speso tantissimo tempo a cercare dei riferimenti validi, scommetto che anche per il tuo portfolio hai speso ore interminabili a cercare ispirazione sul web, col sacro terrore di mettere mano all’impaginazione.
Ci ho azzeccato?
Beh, se è così, oggi ti propongo un’idea niente male!
Questo è un post piuttosto particolare: è il primo di una nuova rubrica mensile in cui ti presenterò i migliori portfolii e ne intervisterò l’autore, per confrontarci e discuterne assieme.
È il mio modo di darti un aiuto concreto in quell’attività che ti risparmieresti volentieri e a cui probabilmente nessuno ti ha mai preparato sul serio: mettere assieme un portfolio di lavori.
(IMPORTANTE! Se hai bisogno di qualche dritta extra, ho preparato per te una pratica checklist in 11 step per guidarti nell’organizzazione del tuo portfolio di architettura. Sono gli stessi che uso io quando devo mettere mano al mio portfolio, quindi è tutto personalmente testato e approvato ;-)
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Per questo primo numero della rubrica, sono felicissimo di ospitare il mio amico Montgomery (per gli amici Monty). Canadese e studente della University of Waterloo, Monty ha trascorso quasi due anni in Europa tra Olanda, Germania, Danimarca e Italia, e ha lavorato come tirocinante presso uffici di tutto rispetto, come Sauerbruch Hutton, BIG e Coop Himmelb(l)au.
Puoi quindi immaginare quanto fossi ansioso di sentirlo parlare del suo portfolio, e ti confesso che questa intervista mi ha fatto riflettere su un paio di spunti molto interessanti. Se vai di fretta e vuoi dare una rapida occhiata ai lavori di Monty, potrai trovare un link al portfolio in fondo al post.
Sei curioso?
Allora non perdiamo tempo, e sentiamo cosa ha da dirci Monty!
Federico: Innanzitutto, grazie per essere qui con me! Ma togliamoci subito di mezzo la domanda d’obbligo: hai lavorato per studi molto importanti, come Coop Himmelb(l)au e BIG, e scommetto che a molti piacerebbe sapere qualcosa in più sulla tua esperienza da tirocinante. Cos’hai imparato lavorando in questi studi? Nello specifico, hai imparato qualcosa di utile su come illustrare e presentare un progetto?
Monty: Non sono partito subito da questi grandi studi; ho lavorato inizialmente in altri molto più piccoli, e il mio processo di apprendimento è stato molto graduale. In precedenza, avevo già cercato di copiare il loro stile, più o meno, e avevo imparato un bel po’ di cose. Di conseguenza, quando sono approdato a questi studi, avevo maturato quasi del tutto le competenze necessarie. Quello che ho effettivamente imparato è stato, per così dire, essere all’altezza di certi standard. All’università ti impegni moltissimo, ovviamente, ma quando poi ti trovi a lavorare con dei grandi nomi inizi ad entrare nel loro modo di lavorare e a prevedere cosa hanno in mente e cosa intendono mostrare. In alcuni studi, ad esempio, mi sono trovato a dover rifare dei render veloci e “grezzi” per rappresentare esattamente ed esclusivamente ciò che serviva, senza fare nulla di più sofisticato. In altre occasioni, invece, non si trattava più soltanto del rappresentare il concetto architettonico, ma tutt’a un tratto si parlava di composizione, come fosse un dipinto. Mi viene in mente, ad esempio, come e dove venivano posizionate le persone nei render. Non si trattava solo di mostrare cosa stavano facendo.
È proprio vero. Specialmente nella visualizzazione, si tratta sempre di adeguare le proprie capacità alle finalità dell’immagine. Può trattarsi di una presentazione interna allo studio, un render veloce, che dia giusto un’idea dei volumi, oppure può trattarsi di un poster per un cartellone di grandi dimensioni. È molto importante capire quale potrebbe essere il modo migliore per esprimere una certa idea.
E, ovviamente, questo discorso si applica anche al portfolio. A questo proposito, la “cultura del portfolio” è davvero così forte nelle scuole nordamericane? Lo chiedo perché nelle università italiane l’argomento “portfolio” viene quasi completamente ignorato. Molti studenti iniziano piuttosto tardi a confrontarsi con la composizione del portfolio, talvolta solo dopo aver terminato gli studi. Dunque, com’è nelle scuole nordamericane? Vi insegnano a creare un portfolio o imparate da soli?
Qui all’università che frequento, la Waterloo University, abbiamo periodi di studio e periodi di lavoro alternati, che compongono il programma per il diploma co-op. Abbiamo sei quadrimestri che vengono integrati durante tutto il corso di studi, andando da quattro a otto mesi. Per questo, al termine del primo quadrimestre del secondo anno dovresti già fare un tirocinio da qualche parte…
… ed essenzialmente devi già presentare un portfolio.
Esatto. Devi aver già pronto un portfolio per allora, ed è piuttosto presto! Non esistono vere e proprie lezioni sul portfolio, ma vengono organizzati dei workshop per coloro che vogliono far revisionare il proprio portfolio, e gli studenti più anziani impiegano il loro tempo come volontari per dare consigli.
È un bel modo per affinare le proprie capacità di costruzione del portfolio! Non sottolineerò mai abbastanza quanto la revisione da parte dei colleghi sia una delle cose più importanti quando si crea un portfolio. Ok, adesso facciamo un passo indietro e seguiamo l’evoluzione del tuo portfolio negli anni. Com’è cambiato nel tempo?
Beh, ovviamente ora come ora il mio portfolio sta crescendo di volume. L’ho rivisto e ridisegnato diverse volte, ma non l’ho mai cancellato totalmente e ricreato da zero. E devo dire che in realtà il mio primo portfolio era piuttosto brutto! Non c’era un concetto generale, niente che creasse graficamente un’idea d’insieme. C’erano delle somiglianze formali, ma è una cosa diversa, no? Quindi, per il secondo portfolio ho cercato di trovare un concept che legasse tutto il lavoro e che inoltre lo esaltasse. Per cui, in un certo senso, tutto o quasi può essere fonte d’ispirazione! Nel mio caso, il primo concept che scelsi non ebbe troppo successo, credo. Provai ad usare la tecnica della fotografia light painting per la copertina e a mantenere essenzialmente un’atmosfera generale molto oscura e cupa; ed era ottimo per legare tutto insieme. Sebbene non fosse il massimo in termini di tecnica, ricevetti comunque un buon feedback, semplicemente perché era qualcosa che la gente non aveva mai visto prima. Credo che abbia catturato l’attenzione perché in genere è molto facile copiare gli stili rappresentativi in architettura, in quanto li vediamo continuamente e si ha voglia di provare a riproporli. Per cui, è sempre un’ottima cosa offrire qualcosa di nuovo.
Avere un concept d’insieme è una bella idea per un portfolio. È qualcosa che non si vede spesso nei portfolii europei, i quali in genere sono più raccolte di lavori che altro. A proposito di tecniche, quali capacità di rappresentazione ritieni fondamentali per un giovane architetto o studente e qual è il miglior modo per acquisirle?
Penso siamo tutti d’accordo nel dire che gran parte delle proprie capacità si acquisisce all’università. Tuttavia, la cosa interessante è che molte di queste capacità, come ad esempio creare diagrammi, non sono affatto difficili da apprendere, in termini di tecnica, e lo stesso discorso si può applicare alla grafica. D’altro canto, la parte difficile è probabilmente imparare a selezionare ciò che devi mostrare e capire qual è il modo più efficace per farlo. Perché dei diagrammi fighi potrebbero non essere necessariamente il mezzo migliore per illustrare il tuo progetto! Per dire, ho lavorato su un progetto per il quale ho fatto un sacco di viste assonometriche, ma alla fine il lavoro non andava bene perché non illustrava il progetto come avrebbe dovuto. Penso che le abilità da acquisire siano ovunque! Soprattutto se si è all’università, si può apprendere un sacco, sia imparando dai colleghi che dai corsi; tuttavia, la questione è anche come e quando usare tali abilità.
Sì, è importante, soprattutto quando si pensa al target della presentazione. Spesso ci troviamo a parlare con persone che non parlano “l’architettese”, per cui è fondamentale scegliere strumenti di comunicazione semplici ma chiari, e adeguare il proprio stile di conseguenza. Ma ora immergiamoci tra le pagine del tuo portfolio, ok? Le intestazioni dei tuoi progetti mi hanno colpito molto, devo dire che hanno un gran bello stile! Mi piace molto anche la copertina minimalista. Qual è il concetto dietro queste pagine?
Come ho detto, qualcosa di semplice che leghi il contenuto e anche che aiuti a strutturarlo. Le intestazioni servono a dividerlo in sezioni facilmente leggibili; ci sono pagine che si possono semplicemente sfogliare velocemente e altre su cui soffermarsi un po’ più a lungo. Lo stile grafico si ispirava in origine al graphic design svizzero: grandi lettere in stampatello, tante linee orizzontali e segmenti divisori. Mi sono ispirato anche ad un tipo di graphic design più contemporaneo e minimalista, in particolare ad alcune serie di poster minimalisti. Ci sono tantissimi poster minimalisti creativi in giro, perfino riguardanti l’architettura!
In effetti, il tuo portfolio riprende molto il graphic design, specialmente nella copertina: è ardita e incisiva, ma anche molto minimalista. Chiaramente, però, il graphic design non è il tuo unico interesse: hai aggiunto delle abilità piuttosto peculiari nel tuo portfolio. Gran parte delle persone presenta lavori di graphic design, schizzi e disegni a mano libera o fotografie; tu hai aggiunto qualcosa di molto particolare, ossia la produzione di musica e l’intaglio del legno, cosa che ho davvero apprezzato. Dunque, queste abilità ti hanno effettivamente aiutato nella ricerca di tirocini o lavori? Puoi dirmi qualcos’altro a riguardo?
È difficile da dire, in realtà; non ho avuto un feedback diretto da nessuno, sia in senso positivo che negativo. Tuttavia, è interessante il fatto che sia qualcosa di cui effettivamente si parla durante i colloqui, quando si arriva a quel livello. Penso che comunque valga la pena includere questo tipo di cose in un portfolio perché, se non altro, rivelano qualcosa in più sul tuo carattere: chi dirige il colloquio si fa un’idea più precisa di te, della persona con cui lavoreranno, e in un certo senso questo ti rende un po’ più piacevole. Inoltre, così facendo dimostri anche di essere appassionato ad altre cose, al di fuori dell’architettura, cosa che credo sia importante: ciò dimostra che sei un individuo completo, e il fatto che tu faccia anche altre cose significa probabilmente che sei bravo ad amministrare il tuo tempo e che lavori in modo efficiente.
C’è qualcosa del tuo portfolio che adesso cambieresti?
Una cosa che mi piacerebbe fare è aggiungere qualcosa in più riguardo al lavoro tecnico che ho svolto negli studi, ma purtroppo è difficile perché per la gran parte sono ancora informazioni riservate. Quindi potrebbe non accadere molto presto! Potrei considerare alcuni dei vecchi lavori che ho fatto e magari includerne qualcuno, anche se non sono attuali, perché ho notato che in effetti ne mancano un po’. Purtroppo, alcune delle cose che ho nel portfolio sono essenzialmente comprese nel package pubblicitario che mi è permesso mostrare.
È sempre un po’ un problema presentare le proprie competenze tecniche, specialmente quando non hai lavorato a progetti costruiti. Cosa intendi esattamente con “lavoro tecnico” e perché è importante includerlo in un portfolio?
Hai ragione, è un po’ strano dire “tecnico”, ma credo sia importante mostrare quell’area di lavoro. È molto facile esibire una rappresentazione concettuale del proprio lavoro personale; tuttavia, è fondamentale anche rappresentare il proprio lavoro professionale e illustrare gli stadi che seguono il disegno schematico dell’edificio, cosa che varia da paese a paese. Prendiamo il caso della Danimarca. Per via di come hanno strutturato il sistema post-universitario e professionale, gli architetti danesi non possono rilasciare autorizzazioni riguardo all’edificio e non preparano i documenti di costruzione allo stesso modo che qui in Canada. Qui le mansioni sono molto più specifiche: come architetto, devi occuparti dei documenti di costruzione, degli appalti, della gestione dei contratti con le imprese e così via. Questo è il tipo di cose che per noi costituiscono la parte tecnica della professione dell’architetto, mentre in altri paesi potrebbero non esistere affatto! Si potrebbe dire che in Canada la progettazione dell’edificio rappresenta il 5% dell’intero processo.
Di conseguenza, mostrare le proprie competenze tecniche è molto importante, specialmente negli studi canadesi e americani, perché riassumono il lavoro che hai svolto in uno studio.
E una cosa del tuo portfolio che non cambieresti assolutamente?
Probabilmente la copertina, per ora. Mi piace molto quello stile, il tono che infonde all’intero portfolio. Per cui, finché non mi invento un nuovo concept per unire gli altri lavori, credo che la copertina rimarrà così per un bel po’.(Traduzione ed editing dell’intervista a cura di Federica Gaeta)
E tu, cosa ne pensi?
Ovviamente ringrazio tantissimo Monty, specialmente per essere stato la mia prima cavia!
Prima di salutarci, però, ti chiedo un piccolo favore: lasciami un commento, oppure condividi questo articolo sui social e fammi sapere cosa ne pensi del post! Questa volta più che mai mi interessa conoscere la tua opinione su questo articolo e, più in generale, su questa nuova rubrica. Pensi sia utile? Interessante? O magari preferiresti che questo spazio venisse dedicato ad altri argomenti? Aspetto il tuo parere!
Sei alle prese col tuo portfolio? Continua a leggere!
Visto che ti trovi qui, immagino che anche tu sia alle prese col tuo portfolio: magari lo stai costruendo da zero, o più semplicemente, lo stai aggiornando in vista di una nuova avventura professionale! Ma per quanto l’articolo che hai letto possa esserti stato d’aiuto (almeno spero!), sono sicuro che hai ancora mille dubbi che ti tormentano.
Sappiamo fin troppo bene che il web non offre risorse valide sull’argomento, e che le università non spendono mezza parola su come costruire un buon portfolio di architettura.
Cosa vogliono vedere gli studi di architettura in un portfolio? Quali sono le caratteristiche di un portfolio che funziona, e come organizzarlo in modo da ottenere contatti, offerte di lavoro e proposte di stage?
Se anche tu stai riflettendo su questi interrogativi nella costruzione del tuo portfolio, il nostro workshop Obiettivo Portfolio potrebbe essere la risorsa che stai cercando.
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Come sempre, al prossimo articolo!
Federico