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Come progettare imparando dai maestri: il metodo di Bruno Munari

 

Come progettare? La domanda è così semplice che potrebbe rientrare di diritto tra quei quesiti che, pur sembrando in apparenza banali, puntano dritti al cuore di una disciplina e le cui risposte sono tutt’altro che scontate.

Sono certo che tutti noi architetti, designer e visualizer, almeno una volta ci siamo chiesti come si fa un progetto. Perché che si tratti di un progetto di architettura, di un oggetto o di un’immagine digitale il metodo per progettare segue percorsi analoghi e si trova a fare i conti con problematiche simili.

Da un certo punto di vista il metodo progettuale potrebbe essere visto come un percorso che, a partire da un problema, conduce alla sua soluzione.

In questo articolo scopriremo come progettare e lo faremo attraverso l’insegnamento di Bruno Munari, uno dei più importanti esponenti del design, dell’arte e della grafica del secolo scorso.

Come progettare imparando da Bruno Munari

Il libro "Da cosa nasce cosa" di Bruno Munari fornisce moltissime lezioni utili su come progettare, indipendentemente dal tema e dalla scala.

È il 1981 quando nelle librerie italiane esce un libro scritto da Munari intitolato: “Da cosa nasce cosa” che si apre con queste parole:

“Progettare è facile quando si sa come si fa. Tutto diventa facile quando si conosce il modo di procedere per giungere alla soluzione di qualche problema.”

Un intero capitolo di questo libro studia nel dettaglio come progettare e propone un metodo che viene presentato come una serie di operazioni da svolgere in una sequenza precisa e rigorosa.

Nonostante il libro sia rivolto prevalentemente ai designer è facile trovare tra le sue parole insegnamenti preziosi per chiunque abbia a che fare con la progettualità, cioè con quell’attività in equilibrio tra creatività e razionalità, in cui esperienza, sensibilità e gusto personale sono solo alcuni tra i fattori che giocano un ruolo fondamentale.

Scopriamo ora quali sono gli step del metodo progettuale ideato da Bruno Munari e riadattato per tutti i progettisti.

Definire il problema

Il primo passo per un progetto di qualità risiede nella definizione del problema. Definire il problema è fondamentale perché ti permette di capire i limiti entro cui operare. Analizzato da un altro punto di vista questo primo punto coincide con il fissare l’obiettivo, cioè precisare il punto di arrivo a cui vuoi giungere.

Nel campo della visualizzazione architettonica un esempio potrebbe essere: “devo produrre un’immagine comunicativa che mostri quanto l’edificio riesca ad inserirsi bene nel suo contesto”.

In ambito più strettamente architettonico invece un altro esempio potrebbe essere: “devo progettare una residenza relativamente economica ma che sia sostenibile energeticamente e che abbia tutti gli spazi di vita e di lavoro per un nucleo famigliare di quattro persone”.

Identificare i componenti del problema

Foto di Daniele Aguzzoli


Dopo aver definito il problema, o l’obiettivo da raggiungere, devi chiarire quali sono tutti i sottoproblemi che uniti insieme formano il problema iniziale.

Ogni problema, ci insegna Munari, è un insieme di molti sottoproblemi che però possono essere smontati e risolti uno alla volta in maniera piuttosto semplice proprio perché si tratta di singole componenti e non dell’intero problema.

Relativamente all’esempio in tema archviz identificare i componenti del problema potrebbe tradursi in: “la mia immagine deve mostrare l’edificio di progetto in maniera da esaltare le sue qualità volumetriche ma deve anche includere il contesto per dimostrare il dialogo tra nuovo ed esistente. L’immagine deve essere popolata di persone in movimento raccontando anche come la vegetazione prevista sia parte integrante del progetto. Per la linea comunicativa l’immagine deve catturare un momento di una splendida giornata estiva.”

Riportata sulla progettazione architettonica la seconda fase del metodo progettuale potrebbe declinarsi così: “la casa deve essere di 120mq, con minimo tre stanze da letto, due bagni, una cucina e un soggiorno. Altri spazi di relax o di lavoro devono rientrare nelle dimensioni massime ed essere flessibili in termini di spazialità, è come progettare due edifici in uno. L’orientamento deve essere ottimale, i materiali locali e gli impianti di ultima concezione. La casa deve essere uno spazio di qualità che si traduce in luogo accogliente e appropriato per la vita della famiglia.”

Raccogliere dati: alla ricerca di riferimenti

Foto di Daniele Aguzzoli


Aver definito il problema e averlo smontato in tutti i suoi sottoproblemi conduce alla fase di analisi. Grazie alle conoscenze acquisite con i primi due passaggi di questo metodo sei ora in grado avviare una ricerca di riferimenti efficace e mirata.

Raccogliere e analizzare gli spunti progettuali non solo consente di trovare nuove ispirazioni ma evita anche di cadere in errori già commessi in passato.

Che si tratti di un’immagine o di un progetto di architettura nessun progettista può muoversi alla cieca!

Se ti stai chiedendo quali sono le risorse online più utili per trovare ispirazione per i tuoi progetti di architettura ecco qui un articolo che potrebbe esserti di grande aiuto!

Come afferma il filosofo George Santayana: “Non c’è nulla di nuovo sotto questo cielo se non il dimenticato”.

Spazio alla creatività

Photo di Edu Lauton su Unsplash


Il cuore dell’attività progettuale, il momento di massimo trasporto, l’attimo speciale in cui la visione si concretizza è finalmente di fronte a te.

La fase creativa, per Bruno Munari, arriva solo dopo i primi tre fondamentali passaggi grazie a cui la creatività può muoversi all’interno dei limiti del problema, affrontando ogni piccola questione fino a risolverla brillantemente.

La creatività come sai ha una forte componente irrazionale che spesso la rende imprevedibile e poco controllabile. Poter controllare la tua creatività significa massimizzare le tue capacità intellettive, è la chiave per aprire uno scrigno di risorse personali praticamente illimitato.

Tutti abbiamo dentro di noi una componente creativa ma solo pochi sanno come accedere a queste risorse.

Il motivo per cui il metodo raccontato nel libro di Munari è particolarmente interessante è perché, pur avendo una base fortemente razionale, non nega la creatività ma la inserisce in un preciso momento all’interno di una serie di passaggi strutturati.

L’intero metodo stesso, forse, non è altro che un modo per segnare un confine entro cui far scatenare la propria creatività, una briglia per controllare, non certo per limitare, il purosangue che cammina al fianco di ogni progettista.

La creatività in questa specifica fase consiste nel trovare una soluzione per ognuno dei sottoproblemi e soprattutto nell’armonizzare tutte queste soluzioni che spesso possono essere in contrasto tra di loro. La creatività è necessaria per mettere a sistema tutte le risposte parziali ai piccoli problemi in un unico grande equilibrio finale: il progetto.

Materiali e tecnologie

Dopo che la tua creatività ti ha permesso di giungere ad una risposta complessiva e soddisfacente è il momento di studiare quali sono le tecnologie che ti permettono di realizzare la tua visione. Curiosamente questa indicazione, che sembra abbastanza vaga, si può applicare sia al campo dell’archviz che dell’architettura.

Nel primo caso devi capire quali sono i software più adatti per produrre l’immagine che hai in mente, quali sono le questioni tecniche relative all’utilizzo di questi programmi che devi affrontare per avere il risultato finale che stai immaginando.

In campo architettonico significa studiare i materiali del tuo edificio e le tecniche costruttive necessarie per realizzare il progetto.

Sia in un contesto che nell’altro questa fase è un tuffo nella realtà, perché ogni buona idea per potersi realizzare deve fare i conti con ciò che si può (e che non si può) fare! 

Sperimentazione e modelli

La successiva fase del metodo progettuale consiste nella prova pratica, più o meno estesa, di quanto hai ipotizzato fin ora.

Nel mondo della visualizzazione architettonica valgono alcuni principi, che ti consentiranno di indirizzare la tua idea in maniera rapida e coerente verso l’obiettivo finale. Ad esempio, in questo articolo troverai una serie di spunti utili a muovere i tuoi render di esterni nella direzione giusta.

Nell’ambito di un progetto architettonico invece il modo migliore per testare materialmente le tue idee è quello di costruire dei modelli fisici alle diverse scale.

A questo link troverai una sintesi di come progettare e produrre un modello architettonico, dall’ideazione fino alla realizzazione finale.

Verifica e produzione finale

Foto di Marvin Meyer su Unsplash


L’ultimo passaggio del metodo proposto da Bruno Munari consiste nella verifica finale dell’idea di progetto. Grazie al modello fisico o ad una bozza iniziale di immagine puoi rivolgere a tutto ciò che hai fatto fin ora una critica costruttiva.

Se stai lavorando in gruppo è questo il momento in cui ogni membro del team analizza e critica il progetto, mettendo in luce gli aspetti più deboli con l’intenzione di rafforzare le idee e migliorare la qualità del prodotto finale.

Come sai la progettazione non segue sempre un percorso lineare, anzi. Spesso è necessario fare un passo indietro per poi poterne fare due in avanti e questa è la fase della progettazione in cui tutto potenzialmente può essere messo in discussione.

Ci sono idee che sono come gli amori cantati da Antonello Venditti, “non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”. Tutto ciò è possibile a questo punto del processo.

Quando senti che la fase di verifica è terminata è il momento di produrre il progetto definitivo, che si tratti dell’immagine finale o di tutto il materiale per partire con il cantiere, questo è l’ultima battuta del percorso progettuale, l’anello che unisce il progetto alla sua realizzazione concreta.

In conclusione…

Come apprendiamo dalle parole dello stesso Munari:

“Lo schema del metodo di progettazione, illustrato in queste pagine, non è uno schema fisso, non è completo e non è unico e definitivo. È ciò che l’esperienza ha dettato fino ad oggi.”

Questo metodo in effetti è più che altro uno schema operativo molto flessibile al cui interno ogni progettista può trovare un proprio spazio personalizzato.

Dallo scritto di Munari si coglie anche un altro dettaglio di essenziale importanza. Si tratta di un aspetto che non riguarda solo l’attività lavorativa, perché se la progettualità può essere letta come la capacità di risolvere un problema, allora l’essere in grado di applicare un metodo strutturato per elaborare progetti, cioè in sostanza per risolvere problemi, è una risorsa di straordinaria utilità tanto nel lavoro quanto nella vita.

D’altra parte, come afferma Antonio Rebolini, citato proprio nel libro di Munari: “Quando un problema non si può risolvere, non è un problema. Quando un problema si può risolvere, non è un problema.”